Già dal 2013, inviammo una lettera al Sottosegretario di Stato, Gianluca Galletti, attraverso la quale portavamo all’attenzione casi di “distribuzione” di diari ed altro materiale scolastico all’interno di alcuni Istituti Scolastici, attenzionando le sedi competenti in merito a tale grave situazione. 
Ribadimmo al MIUR che, anche prescindendo dall’effettiva possibilità da parte di un Istituto Scolastico di poter commercializzare prodotti scolastici, ritenevamo poco corretto oltre che scarsamente produttivo rispetto ai risultati  tale tipo di “pratica”.
Ci domandavamo, e domandammo, chi avrebbe sostenuto i costi di approvvigionamento, di commercializzazione e  di impiego di risorse umane, a fronte di un prezzo che sicuramente non sarebbe stato, e non lo è, in grado di coprire le diverse componenti di costo che un qualsiasi commerciante, invece, è normalmente costretto a fronteggiare.  
Evidenziammo, ancora, che un cartolibraio è di fatto costretto ad ordinare la merce in oggetto svariati mesi prima del rientro tra i banchi di scuola e che, oltre all’invenduto, sopporta costi finanziari rilevanti. 
Ed è altrettanto evidente, e lo sottolineammo, che tali “pratiche” non possano che generare costi economici indiretti che vanno a ricadere sull’intera collettività. 
Le risposte che ci vennero date furono chiare: “…nessuna pratica di vendita di diari o materiale scolastico è intrapresa da alcun istituto. Trattasi di libera raccolta di fondi tra le famiglie degli studenti che intendano aderire volontariamente alle autonome iniziative locali…”.
Decidemmo quindi di affrontare il problema da un altro punto di vista, consapevoli che non si tratta di vera e propria vendita ma di “libera raccolta” di fondi che, in alcuni casi, vede il contributo e il lavoro di associazioni di genitori o comitati locali all’interno degli istituti e tramite la quale, poi, le scuole riescono a fornire gli studenti di materiale scolastico ad un prezzo estremamente contenuto.
Abbiamo ritenuto doveroso fare alcune considerazioni in merito:

  • i nostri clienti sono anche le stesse famiglie di studenti che continuano sempre più ad orientarsi verso tali tipi di “pratiche”; 
  • vendiamo tutta una serie di prodotti che vanno oltre il diario scolastico, pur consapevoli che lo stesso diario ricopre una parte del nostro business;
  • i diari – in logica di lungo periodo – è probabile che andranno ad assumere un utilizzo sempre minore: L.i.m., palmari, app dedicate, fogli presenza elettronici che comunicano in tempo reale tramite sms con i genitori, stanno tutti prendendo sempre più spazio anche nelle nostre scuole;
  • siamo riusciti nel corso di questi ultimi anni ad interrompere quel massacrante ritornello che vedeva ingiustamente i cartolai quali responsabili dell’aumento dei costi per le famiglie italiane, a settembre, durante il ritorno tra i banchi di scuola;
  • le “pratiche” adottate fanno riferimento a iniziative locali, non gestite dal Ministero, che richiedono interventi locali. 

Come spiegare allora alle stesse famiglie nostre clienti – e ai media – che non dovrebbero approvvigionarsi di quei diari che riescono ad ottenere ad un prezzo contenuto tramite l’ausilio di scuola, associazioni genitori, comitati locali ecc. ma che, al contrario, dovrebbero esclusivamente rivolgersi alle nostre cartolerie, affrontando dei costi maggiori?
Pur non avendo abbandonato la “battaglia” pensiamo sia più produttivo per la nostra categoria proseguire, da un lato, il dialogo con il MIUR per eliminare tali pratiche e, dall’altro lato, studiare delle forme nuove di sconto collettivo di categoria (una sorta di iniziativa simile allo Scuola kit che ci aiutò ad uscire dal ciclone del “caro scuola”).
Vogliamo agevolare il cartolaio nello smaltimento di rimanenze di magazzino trasformandole in sconto % sul prezzo di acquisto di libri di testo, così come propone la GDO.
E questo pensiamo potrà portare a maggiore pedonalità, arginando il danno.
Vi terremo sempre informati.

Buon lavoro a tutti.